Atti Apocrifi

Atti di Paolo

Gli Atti di Paolo sono un testo apocrifo del Nuovo Testamento relativo a Paolo di Tarso, scritto in greco verso la fine del II secolo. La tradizione identifica l'autore in un certo Leucio Carino, discepolo dell'apostolo Giovanni, che avrebbe composto anche altri atti apocrifi, compresi nel cosiddetto "ciclo leuciano", di Pietro, Giovanni, Andrea e Tommaso.Il testo godette di una certa fortuna presso i manichei.Andato perduto nella sua integrità se ne sono conservati circa 2/3 del testo. I principali testimoni sono in greco e copto. Le sezioni si sono conservate in maniera autonoma sotto diversi titoli:Atti di Paolo e TeclaLettera dei Corinzi a PaoloTerza lettera ai CorinziMartirio di Paolo, decapitato per diretto ordine di NeroneIl Catalogus Claromontanus, composto nel IV secolo, lo include tra i testi canonici.

Atti di Paolo e Tecla

Affresco raffigura Paolo di Tarso con la sua discepola Tecla
Affresco raffigura Paolo di Tarso con la sua discepola Tecla

Gli Atti di Paolo e Tecla (latino: Acta Pauli et Theclae) sono un testo cristiano scritto in greco che narra delle gesta e della predicazione di Paolo di Tarso e della sua discepola Tecla di Iconio.Tertulliano nel De Baptismo adversus Quintillam (17,5) riferisce che il testo fu scritto intorno all'anno 160 da un presbitero d'Asia, che, scoperta la sua frode, si giustificò dicendo di averlo composto in onore di Paolo, ma che fu privato del suo ufficio.In origine il testo rappresentava, unitamente ad altre opere apocrife riferite a Paolo (Lettera dei Corinzi a Paolo, Terza lettera ai Corinzi, Martirio di Paolo), gli Atti di Paolo, ma in seguito le varie sezioni hanno avuto tradizioni distinte.Dal punto di vista canonico, il testo è considerato un apocrifo del Nuovo Testamento.

 

L'autore colloca il suo racconto nel quadro delle vicende narrate dagli Atti degli Apostoli: san Paolo in viaggio da Antiochia si ferma ad Iconio (che fu effettivamente una tappa del suo primo viaggio).Fuori dalla città gli era andato incontro Onesiforo con la sua famiglia, il quale poté riconoscerlo da una descrizione che gli era stata inviata per lettera, riportata nel testo e alla base di alcune caratteristiche delle successive raffigurazioni del santo nell'iconografia cristiana ("uomo di bassa statura, la testa calva, le gambe arcuate, il corpo vigoroso, le sopracciglia congiunte, il naso alquanto sporgente").Accolto nella casa di Onesiforo, Paolo vi predicò la parola di Dio sulla continenza e sulla resurrezione. Una giovane vergine di nome Tecla, ascoltava le parole di Paolo dalla finestra della sua casa e ne rimase affascinata. Il suo fidanzato, Tamiri, che si vedeva privato del prossimo matrimonio, accusò Paolo presso il governatore della città, che lo condannò alla fustigazione. Tecla, su istigazione della sua stessa madre, venne condannata al rogo, ma una tempesta miracolosa e un terremoto le permisero di sfuggire al martirio.Riunitasi con Paolo, Tecla lo accompagnò ad Antiochia di Pisidia, dove fu costretta a difendersi dalle insidie del ricco Alessandro, il quale, respinto, la accusò presso il governatore: questi la condannò ad essere divorata dalle belve, nonostante le proteste delle donne della città. In attesa dello spettacolo, venne affidata alla "regina" Trifena, che aveva deciso di accoglierla in seguito ad una raccomandazione della figlia defunta apparsale in sogno, in modo che Tecla pregasse per lei e che per sua intercessione potesse passare in paradiso.Già alla sfilata delle belve, una leonessa le aveva leccato i piedi e Tecla le si era seduta in groppa. Durante lo spettacolo, accompagnato dalle proteste delle donne della città per la condanna ingiusta, le belve si ammansirono e gli altri supplizi tentati non ebbero effetto per la protezione divina. Intanto la santa si era battezzata da sola, gettandosi in una grande vasca. Venne quindi liberata tra i festeggiamenti delle donne e fu ospitata nuovamente da Triferna, che si convertì con le sue ancelle.Saputo che Paolo si trovava nella città di Mira, prese con sé dei giovani, si vestì da uomo e lo raggiunse. Poi espresse il proposito di tornare nella nativa Iconio e Paolo le rispose di andare e di insegnarvi la parola di Dio. A Iconio rivide la madre. Si recò quindi a Seleucia di Isauria.Da questo punto i diversi manoscritti presentano finali leggermente diversi: il più amplio di essi prosegue raccontando come, stabilitasi in una grotta, avesse vissuto in eremitaggio e avesse radunato intorno a sé una comunità di donne che avevano seguito il suo esempio. I malati che si avvicinavano alla montagna venivano guariti e i demoni scacciati.Dopo 72 anni, quando la santa aveva raggiunto l'età di 90 anni, i medici pagani della città, che avevano perso i loro clienti, ritenendola consacrata ad Artemide, mandarono degli uomini per violentarla, in modo che perdesse la protezione della dea, ma la santa sfuggì loro per intervento divino, scomparendo nella roccia il 24 settembre.

Atti di Pietro

Gli Atti di Pietro un testo cristiano composto in greco nella seconda metà del II secolo, che narra della predicazione, dei miracoli e della morte di Pietro apostolo. La tradizione indica come autore un certo Leucio Carino, discepolo dell'apostolo Giovanni, che avrebbe composto anche altri Atti apocrifi, compresi nel cosiddetto "ciclo leuciano" (Atti di Pietro, Giovanni, Andrea, Tommaso, Paolo); secondo gli studiosi moderni fu scritto sulla base degli Atti di Giovanni.Dal punto di vista canonico, è considerato un apocrifo del Nuovo Testamento.

Atto di Pietro

L'Atto di Pietro è un breve apocrifo del Nuovo Testamento relativo a Pietro apostolo, scritto in greco e contenuto nel Codex Berolinensis Gnosticus 8502, datato al V secolo. Non va confuso con un altro testo apocrifo, gli Atti di Pietro. È di origine gnostica.Il testo descrive il risanamento miracoloso da parte di Pietro nei confronti della figlia storpia, esaltandone la verginità.Dato l'avanzato periodo di composizione e lo stile eccessivamente favolistico l'apocrifo non può essere considerato un fedele resoconto storico, sebbene non si possa escludere una ripresa di precedenti tradizioni orali.

Atti di Pietro e Andrea

Pietro e Andrea suo fratello nel giorno  della chiamata di Gesù
Pietro e Andrea suo fratello nel giorno della chiamata di Gesù

Gli Atti di Pietro e Andrea sono un breve apocrifo del Nuovo Testamento relativo agli apostoli Pietro e Andrea, scritto in greco successivamente al V secolo. Si trattava di un'appendice dell'apocrifo Atti di Andrea e Mattia, poi considerata come narrazione autonoma.Il testo descrive brevi miracoli relativi ai due apostoli, come Andrea che cavalca una nuvola o Pietro che fa passare un cammello per la cruna di un ago.Dato l'avanzato periodo di composizione e lo stile eccessivamente favolistico l'apocrifo non può essere considerato un fedele resoconto storico, sebbene non si possa escludere una ripresa di precedenti tradizioni orali.

Atti di Pietro e dei dodici

Gli Atti di Pietro e dei dodici (apostoli) sono un apocrifo del Nuovo Testamento relativo a Pietro, apostolo, scritto in greco tra la metà del II secolo e l'inizio del III secolo. Di origine gnostica, perduto per secoli, è stato ritrovato nel 1945 tra i Codici di Nag Hammâdi.Il testo è un racconto allegorico relativo a un mercante di perle, ispirato alla parabola canonica di Mt13,45-46.Dato l'avanzato periodo di composizione e lo stile eccessivamente favolistico l'apocrifo non può essere considerato un fedele resoconto storico, sebbene non si possa escludere una ripresa di precedenti tradizioni orali.

Atti di Pietro e Paolo

Gli Atti di Pietro e Paolo o Passione di Pietro e Paolo sono un apocrifo del Nuovo Testamento relativo agli apostoli Pietro e Paolo, scritto in greco dopo il IV secolo.Il testo descrive l'arrivo di Pietro e Paolo a Roma. L'empio Simon Mago sobilla Nerone contro i due apostoli. Ne deriva una lunga disputa tra i tre di fronte all'imperatore. Simon Mago promette all'imperatore di ascendere al cielo sotto i suoi occhi. Quando vola Nerone si convince della sincerità di Simone, ma Pietro prega e Simone cade morendo. Nerone imprigiona Pietro e Paolo e li condanna a morte. Paolo è decapitato lungo la via ostiense, e prima di morire guarisce l'occhio di una donna di nome Perpetua. Pietro sta per essere crocifisso ma dice "Non son degno di essere crocifisso come il mio Signore", e viene crocifisso a testa in giù.Dato l'avanzato periodo di composizione e lo stile eccessivamente favolistico l'apocrifo non può essere considerato un fedele resoconto storico, sebbene non si possa escludere una ripresa di precedenti tradizioni orali.

Atti di Simone e Giuda

Gli Atti di Simone e Giuda sono un apocrifo del Nuovo Testamento relativo agli apostoli Simone e Giuda, scritto in latino nel IV-V secolo. Il testo è pseudoepigraficamente attribuito al leggendario Abdia, primo vescovo di Babilonia.Il testo descrive predicazione, miracoli e martirio dei due apostoli in Persia e Babilonia. Simone sarebbe stato segato a metà.Dato l'avanzato periodo di composizione e lo stile eccessivamente favolistico l'apocrifo non può essere considerato un fedele resoconto storico, sebbene non si possa escludere una ripresa di precedenti tradizioni orali.

Atti di Taddeo

Gli Atti di Taddeo sono un apocrifo del Nuovo Testamento relativo all'apostolo Giuda, probabilmente scritto in siriaco nel III secolo a Edessa ma pervenutoci in una versione greca del VI-VII secolo. Rappresenta un rifacimento della precedente Dottrina di Addai.Il testo descrive predicazione e miracoli dell'apostolo a Edessa (Siria) e nei territori limitrofi fino a Berytus (Beirut), dove si sarebbe addormentato morendo di morte naturale.Dato l'avanzato periodo di composizione e lo stile eccessivamente favolistico l'apocrifo non può essere considerato un fedele resoconto storico, sebbene non si possa escludere una ripresa di precedenti tradizioni orali

Atti di Timoteo

Gli Atti di Timoteo sono un apocrifo del Nuovo Testamento relativo a Timoteo, collaboratore di Paolo, probabilmente scritto in siriaco nel IV secolo.Il testo descrive predicazione e miracoli dell'apostolo a Efeso, dove sarebbe stato ucciso con pietre e bastoni per le sue proteste al culto della dea Diana (o Dioniso).Dato l'avanzato periodo di composizione e lo stile eccessivamente favolistico l'apocrifo non può essere considerato un fedele resoconto storico, sebbene non si possa escludere una ripresa di precedenti tradizioni orali

Atti di Tito

Gli Atti di Tito sono un apocrifo del Nuovo Testamento relativo a Tito, vescovo di Creta e collaboratore di Paolo, scritto in greco tra il V ed il VII secolo.Il testo descrive la miracoloso vocazione del cretese Tito, il suo incontro con Paolo, predicazione, miracoli e morte naturale.Dato l'avanzato periodo di composizione e lo stile eccessivamente favolistico l'apocrifo non può essere considerato un fedele resoconto storico, sebbene non si possa escludere una ripresa di precedenti tradizioni orali.

Atti di Tommaso

Gli Atti di Tommaso sono un apocrifo del Nuovo Testamento che narra la predicazione di Tommaso apostolo. Gli Atti furono scritti probabilmente in lingua siriaca nella prima metà del III secolo in ambiente gnostico e sono conservati in diverse versioni.L'opera descrive la predicazione da parte dell'apostolo di un cristianesimo ascetico o encratita, durante un suo viaggio in India, culminato col suo martirio trafitto da una lancia per ordine del re Misdaeus (Vasudeva I).
Tra i manoscritti in lingua siriaca il più antico è un palinsesto frammentario (Sinai 30) del V o VI secolo, mentre la copia completa più antica risale al 936 (British Museum add. 14.654). Tra i manoscritti in lingua greca, quelli più antichi sono solo parziali e datano al X secolo, mentre quelli completi più antichi (Paris. gr. 1510 and Vallicel. B 35) risalgono all'XI secolo.[1]Esistono testimonianze degli scrittori cristiani che testimoniano la diffusione degli Atti alla fine del IV secolo: ne danno testimonianza Epifanio di Salamina, che ne riporta l'uso da parte degli Encratiti (Anac. 47.1, 60.1.5), Agostino d'Ippona, secondo il quale erano utilizzati dai Manichei (De serm. dom. in monte 1.20.65; c. Adiamantium 17; c. Faustum 14 e 22.79), oltre a riferimenti contenuti nei salmi manichei. Furono probabilmente in uso anche nei secoli seguenti, anche se le testimonianze sono più diradate (Fozio di Costantinopoli, nel IX secolo, e Niceta di Tessalonica, XI secolo).