Vangeli Apocrifi

I vangeli apocrifi sono un eterogeneo gruppo di testi a carattere religioso che si riferiscono alla figura di Gesù e che, nel tempo, sono stati esclusi dal canone della Bibbia cristiano. Fanno parte della cosiddetta letteratura apocrifa, un fenomeno religioso e letterario rilvante del periodo patristico. Sovente dotati dell'attribuzione pseudoepigrafa di qualche apostolo o discepolo, i vangeli apocrifi furono esclusi dalla pubblica lettura liturgica in quanto ritenuti portatori di tradizioni misteriose o esoteriche. Il termine "apocrifo" ("da nascondere", "riservato a pochi") è stato coniato dalle prime comunità cristiane.Una volta passata la prima generazione cristiana, le successive sentirono il bisogno di contrarre ulteriori informazioni sulle vicende di Gesù, e questo fu uno dei motivi che diede impulso alla nuova forma letteraria sviluppatasi intorno ai testi biblici che oggi costituiscono il Nuovo Testamento. Tra le finalità di questa produzione si possono individuare un 'obiettivo storico', uno 'apologetico-dottrinale', uno 'devozionale-liturgico', ma anche l'obiettivo di diffondere dottrine nuove, spesso in contrasto con quelle ufficiali della Chiesa, impugnando gli scritti dell’antica letteratura cristiana. Il 'Bergier', nel suo Dizionario di Teologia, parlando del significato di apocrifo, scrive: “I cristiani applicarono alla voce apocrifo una significazione diversa da quella dei Gentili e degli Ebrei, usandola per indicare qualunque libro dubbio, d’autore incerto, sulla cui fede non si può far fondamento”. Il 'Codex apocryphus Novi Testamenti' di J.-C. Thilo (Cfr. vol. I, Leipzig 1832) riorganizza la materia nell'ambito dei generi letterari del NT: vangeli, atti, lettere e apocalissi. La rigorosa delimitazione alla struttura del NT e l'individuazione di una forma testuale ben definita per ciascuna opera, si precisò nelle due prime edizioni della raccolta 'Neutestamentliche Apokryphen' diretta da E. Hennecke (1904 e 1924) e nella terza pubblicata a cura di Wilhelm Schneemelcher. Quest’ultimo definiva gli apocrifi come "scritti non accolti nel canone, ma che, mediante il titolo o altri enunciati, avanzano la pretesa di possedere un valore equivalente agli scritti dei canone, e che dal punto di vista della storia delle forme prolungano e sviluppano i generi creati e accolti nel Nuovo Testamento, non senza peraltro la penetrazione anche di elementi estranei". Questa definizione - ripresa nelle raccolte italiane di Luigi Moraldi e Mario Erbetta - è stata criticata da Eric Junod per lo stretto legame da essa istituito tra apocrifi e canone, che limita tra l'altro eccessivamente l'arco cronologico di produzione degli apocrifi (secc. I-III); Junod propone anche di sostituire alla designazione "apocrifi dei Nuovo Testamento" quella di "apocrifi cristiani antichi". Nella quinta edizione della raccolta Wilhelm Schneemelcher recepisce solo in parte le istanze di Junod, e difende la designazione "apocrifi del Nuovo Testamento", proponendo una definizione più flessibile e più ampia, nuovamente criticata da Junod nel 1992. La posizione di Junod è quella adottata dall' 'Association pour l'étude de la littérature apocryphe chrétienne', costituitasi per produrre nuove edizioni critiche degli apocrifi cristiani antichi. Nella stessa Associazione esistono proposte più radicali come quella di Willy Rordorf , che suggerisce di sostituire "apocrifi" con "letteratura cristiana extra-biblica anonima o pseudepigrafa".

I Vangeli dell'Infanzia

Il Protovangelo di Giacomo

Il Protovangelo di Giacomo – noto anche come Vangelo dell'Infanzia di Giacomo o come Vangelo di Giacomo – è un vangelo in lingua greca composto probabilmente verso il 140-170. Espande i racconti dell'infanzia di Gesù contenuti nel Vangelo secondo Matteo e nel Vangelo secondo Luca, fino a presentare un'esposizione della nascita e dell'educazione di Maria, per poi rielaborare le narrazioni canoniche sulla natività di Gesù. Si tratta del più antico testo cristiano che sostenga la verginità di Maria non solo prima, ma durante e dopo la nascita di Gesù.È uno dei vangeli apocrifi (non è cioè incluso in alcun canone biblico). Tuttavia la tradizione cristiana ha accettato alcune delle informazioni in esso contenute, in particolare relativamente alla vita di Maria e dei suoi genitori Anna e Gioacchino.Deve il nome "protovangelo" all'umanista francese Guillaume Postel nel XVI secolo ed è relativo all'antecedenza cronologica degli eventi in esso narrati rispetto al materiale contenuto nei quattro vangeli canonici.

Il testo si presenta come scritto da Giacomo a Gerusalemme (24,1), suggerendo come autore Giacomo il Giusto "fratello del Signore", morto nel 62. Gli studiosi sono tuttavia concordi nel ritenere tale attribuzione pseudoepigrafa: stile e linguaggio del testo, come anche la carente conoscenza di usi civili e religiosi giudei, ne rendono impossibile la paternità a Giacomo, che la tradizione successiva ha descritto come cristiano e giudeo fervente. Inoltre il fatto di usare come fonti il Vangelo secondo Matteo (da cui trae la narrazione della strage degli innocenti) e il Vangelo secondo Luca (da cui riprende la nascita di Giovanni da Elisabetta), entrambi composti ben oltre la data della morte di Giacomo, rende impossibile la composizione per mano di Giacomo.L'opera fu composta verso la metà del II secolo. La prima menzione del testo è da parte di Origene (185-254), che nel Commentario al Vangelo di Matteo (probabilmente 246-248), relativamente alla questione dei fratelli di Gesù, accenna a un Vangelo di Pietro e a un "Libro di Giacomo". Nel Decreto Gelasiano (databile 492-496) viene elencato tra le opere apocrife.Tre sono le fonti principali per il testo: le tradizioni extra-canoniche, l'Antico Testamento nella redazione della Septuaginta e i vangeli canonici di Matteo e Luca. Alle prime risale l'elemento della nascita in una caverna, noto anche a Giustino di Nablus; interi paragrafi richiamano da vicino passi della Septuaginta; la fusione in un'unica armonia delle due narrazioni evangeliche, matteana e lucana, forma infine la trama su cui si dipana la narrazione del Protovangelo

 

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Il Vangelo dell'infanzia di Tommaso

Tommaso Apostolo
Tommaso Apostolo

Il Vangelo dell'infanzia di Tommaso, chiamato anche Vangelo dello pseudo-Tommaso, è uno dei Vangeli apocrifi, scritto in greco e databile alla seconda metà del II secolo. Non va confuso con il Vangelo di Tommaso (chiamato anche Quinto Vangelo o Vangelo di Didimo Thoma), opera anch'essa apocrifa, prodotta nel IV secolo in ambiente gnostico.L'opera consiste in una raccolta di miracoli compiuti da Gesù tra i 5 e i 12 anni di vita, con l'implicito intento di fornire indicazioni sulla sua infanzia altrimenti taciute dai 4 vangeli canonici. Ne emerge il ritratto di un Gesù bambino capriccioso e vendicativo, particolarmente incline a fare un uso tutto personale e spesso 'egoista' dei propri poteri taumaturgici.Al pari degli altri Apocrifi, generalmente non è accolto dagli studiosi come fidato testimone del Gesù storico,[1] anche per il genere letterario favolistico-leggendario che contraddistingue la narrazione.[2] Nonostante la non-ufficialità che caratterizzò questo vangelo nella Chiesa dei primi secoli, qualche elemento secondario è stato accolto a livello artistico nella tradizione cristiana successiva.
Il testo si dichiara opera di Tommaso l'Israelita, cioè l'apostolo Tommaso. Questo collocherebbe la stesura del testo entro il I secolo. Gli studiosi tuttavia sono attualmente concordi nel ritenere tale attribuzione pseudoepigrafa.In alcuni loci traspaiono citazioni implicite di brani del vangelo secondo Luca e di Giovanni suggerendo una datazione posteriore ad essi (cioè posteriore al I secolo). La prima citazione del Vangelo dell'infanzia di Tommaso compare nell'Adversus haereses di Ireneo, databile circa al 185. Questo, unitamente a motivi stilistici e letterali intrinseci al testo, ha portato gli studiosi a ritenere come possibile data redazionale la metà del II secolo, in seguito a un periodo di trasmissione orale.

 

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Vangelo dello pseudo-Matteo

Giotto
Giotto

Il Vangelo dello pseudo-Matteo, così chiamato per distinguerlo dall'omoepigrafo canonico Vangelo secondo Matteo, è uno dei vangeli apocrifi, scritto in latino e databile VIII-IX secolo. Viene chiamato anche Vangelo dell'infanzia di Matteo o con la dicitura medievale Libro sulla nascita della Beata Vergine e sull'infanzia del Salvatore, che ne descrive il contenuto.
In alcuni manoscritti il testo si presenta come opera dell'evangelista Matteo, supponendo una datazione al I secolo. Tale attribuzione è però considerata dagli studiosi come pseudoepigrafica e dunque apocrifa. Il testo presenta una elaborata operazione pseudoepigrafica volta a legittimare tale paternità: il vangelo sarebbe stato scoperto, nell'originale aramaico, da Girolamo (347-420), autore della Vulgata, e da lui tradotto in latino dietro invito di Cromazio, vescovo di Aquileia (387-407), ed Eliodoro, vescovo di Altino (prologo A e B).In realtà, il Vangelo dello pseudo-Matteo è poco più che un riadattamento del materiale contenuto nel Protovangelo di Giacomo e nel Vangelo dell'infanzia di Tommaso, opere anch'esse databili al II secolo. Il latino col quale è stato scritto il testo è notevolmente diverso (più povero e sgrammaticato) da quello di Girolamo, e presenta caratteristiche stilistiche che contribuiscono a datarlo filologicamente all'VIII-IX secolo.Tale datazione è conforme con la prima citazione al testo, che compare nel poema Historia nativitatis laudabilisque conversationis intactae Dei Genitricis della monaca sassone Roswitha (m. 973), badessa del convento di Gandersheim. Inoltre, non sono documentati manoscritti più antichi dell'XI secolo.

 

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Vangelo arabo dell'infanzia

Il Vangelo arabo dell'infanzia è un vangelo apocrifo pervenuto in arabo e siriaco e databile tra il V e il XIII secolo, con maggiore probabilità per l'VIII-IX secolo. Al pari degli altri vangeli dell'infanzia (Protovangelo di Giacomo e Vangelo dell'infanzia di Tommaso) e basandosi su essi, contiene racconti relativi all'infanzia di Gesù.All'inizio del testo si afferma che il Vangelo, chiamato "Vangelo dell'infanzia", sia opera di Giuseppe detto Caiafa (versione greca del latinizzato Caifa), sommo sacerdote degli ebrei al tempo di Gesù (18-36), affermazione che faceva dunque datare il testo al I secolo; tale attribuzione è tuttavia considerata pseudoepigrafa dagli studiosi.La datazione dello scritto è particolarmente problematica. Gli studiosi ritengono che la versione originale fosse in siriaco, in seguito tradotta in arabo. La versione siriaca sarebbe stata composta tra il V al XIII secolo, data di composizione di alcuni manoscritti conservatisi.

 

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Vangelo Armeno dell'infanzia

Il Vangelo armeno dell'infanzia è un Vangelo apocrifo pervenutoci in lingua armena i cui manoscritti sono stati fatti conoscere per la prima volta, integralmente, da padre Isaia Daietsi nel 1828, in due diverse stesure. Ambedue i manoscritti sono recenti e conservati nella biblioteca dei monaci mechitaristi, uno di essi risale al 1824 ed è copia, scritta amano da padre G.Esaican, di un codice più antico andato poi distrutto in quanto considerata opera eretica . Questo vangelo apocrifo costituisce in sostanza un corposo e prolisso ampliamento degli eventi dell'infanzia di Gesù narrati negli altri vangeli dell'infanzia, integrati da materiale leggendario di provenienza dalla tradizione armena. Mette in particolare in risalto l'aspetto umano di Gesù tradendone un'origine monofisita di cui venne accusata ingiustamente la Chiesa apostolica armena dopo il rifiuto del Concilio di Calcedonia.
A differenza della maggior parte dei testi apocrifi il Vangelo Armeno dell'infanzia non presenta alcuna attribuzione esplicita. Questo può essere ricondotto alla consapevolezza che ne aveva l'autore di un lavoro di revisione e ampliamento del materiale precedente, senza alcuna pretesa di autorevolezza.Come datazione dello scritto sono proposte dagli studiosi diverse datazioni: si va dal IV secolo al XII secolo. L'esame dei manoscritti pervenutici non aiuta a risolvere la questione: sono tutti recenti, risalendo all'indietro al massimo al XIX secolo. Ci sono pervenuti a dire il vero altri manoscritti più antichi contenenti singoli episodi, ma non è definibile chiaramente se queste leggende siano state tratte dal Vangelo Armeno o se questo abbia redazionato in un'unica narrazione i racconti precedenti.L'ambiente nel quale sono state compilate le singole leggende e la redazione finale è comunque con sicurezza identificabile nella tradizione monofisita tipica del cristianesimo armeno.

 

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Libro sulla natività di Maria

Il Libro sulla natività di Maria è un testo apocrifo redatto in latino in epoca carolingia (VIII-IX secolo). Racconta la miracolosa nascita di Maria, madre di Gesù, rappresentando sostanzialmente un rimaneggiamento dei primi 11 capitoli del coevo Vangelo dello pseudo-Matteo. Non trattando direttamente della vita di Gesù e del suo ministero, il testo non può essere propriamente chiamato Vangelo, ma dato lo stretto legame che mostra con gli altri vangeli dell'infanzia viene solitamente incluso nelle raccolte dei vangeli apocrifi.
Similmente al Vangelo dello pseudo-Matteo, il testo si presenta pseudoepigraficamente come opera di Girolamo (347-420), autorevolissimo autore della Vulgata, che avrebbe tradotto in latino un testo precedente. In realtà l'esame filologico del testo ne suggerisce una datazione all'VIII-IX secolo nell'ampio alveo della chiesa latina.

 

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Storia di Giuseppe il falegname

La Storia di Giuseppe il falegname è un testo apocrifo pervenutoci in copto (boairico e saidico) e arabo ma probabilmente redatto inizialmente in greco, databile in maniera incerta al VI secolo o ai secoli immediatamente successivi.[1] Nella prima parte si tratta di una rielaborazione del materiale presente nel Protovangelo di Giacomo e nel Vangelo dell'infanzia di Tommaso relativamente al matrimonio tra Giuseppe e Maria. La parte successiva è relativa alla morte di Giuseppe e rappresenta un contributo originale.
La Storia di Giuseppe il falegname non presenta una esplicita attribuzione pseudoepigrafa. Nel c. 30 l'autore si include nella cerchia degli apostoli rimanendo però anonimo.Circa l'effettiva data di composizione, essa non è facilmente determinabile data la disponibilità di soli testimoni recenti copti e arabi, che però tradiscono filologicamente una dipendenza da un originale greco andato perduto. Nel cap. 17 è presente un richiamo a un episodio narrato nel Vangelo arabo dell'infanzia, ma anche la datazione di questo apocrifo è particolarmente incerta, oscillando tra il VI e XIII secolo. Lo stesso periodo o un'epoca immediatamente posteriore va dunque ipotizzato per la Storia di Giuseppe il falegname.  

 

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